domenica 7 maggio 2017

Intervista a Luigi Brasili


Inauguro, con questo post, una rubrica aperiodica di interviste a scrittori. Sono convinto che sapere qualcosa di più su un autore, renda i suoi lavori più interessanti: non più opere di uno sconosciuto, ma di una persona ha qualcosa da dire e che mi può interessare ascoltare. Spero così di invogliare chi leggerà queste poche righe a volerne sapere di più.

Iniziamo con Luigi Brasili, nato a Tivoli, in provincia di Roma, dove vive tuttora. 
Luigi ha pubblicato racconti in decine di libri e riviste, per vari editori e testate (tra cui Fanucci, Rai-Eri, Cronaca Vera, Writers Magazine Italia, Delos Science Fiction). Alcuni suoi racconti sono stati letti in trasmissioni radiofoniche e università. 
Mi limito a citare alcune di queste pubblicazioni: "Lacrime di drago” (nella collana Storie di draghi maghi e guerrieri - 2009) e i racconti “Forse domani” e “Seta” nelle antologie “365 racconti erotici” e “365 racconti horror”. Ha pubblicato inoltre “La strega di Beaubois” (Magnetica, Napoli - 2006), e “La stirpe del sentiero luminoso” (La penna blu, Barletta - 2011).

Ciao, Luigi. Quando hai iniziato a scrivere? E quando ha deciso che era il momento di confrontarti con il pubblico, inviando i tuoi lavori a un editore?

Ho iniziato a "giocare" con la scrittura già ai tempi delle elementari, quindi eoni fa... Mi divertivo a comporre filastrocche e simili, e ho affinato questo passatempo negli anni della scuola media. Poi alle superiori è arrivato il colpo di fulmine con la prosa; il mio momento preferito a scuola era il giorno del compito in classe di italiano: anche se non avevo idea di cosa avrei scritto ero sicuro che sarebbe stato un vero divertimento.
Negli anni successivi però non ho insistito con la prosa, al contrario dei versi che ho sempre scritto soprattutto in occasione di cerimonie o, perché no, per toccare il cuore di qualche ragazza che mi piaceva. Ma non avevo alcuna velleità particolare, né ambizione di cimentarmi seriamente a scrivere. Però, tra me e me, ogni tanto mi dicevo che un giorno, "da grande" avrei provato non a "fare lo scrittore" ma a misurarmi attraverso la scrittura con un qualche tipo di mondo esterno. Ed è stato grazie all'avvento di Internet, quando ho scoperto che moltissime persone condividevano questa mia passione, poco e niente diffusa tra le mie frequentazioni abituali, che mi sono ricordato di quella suggestione di gioventù, e così un giorno, alla soglia dei quarant'anni, ho scritto il mio primo racconto con inizio e fine e l'ho iscritto al primo concorso letterario della mia "carriera". Da quel momento, complice il fatto, forse, che mi stavo prendendo una pausa di riflessione dai tanti sport praticati fino ad allora (pausa che dura tuttora), la scrittura è diventata una parte di me, in modo spontaneo e naturale, sempre però con pochissima ambizione di puntare a chissà che; quel che contava, e conta ancora adesso, era scrivere e creare quell'alchimia di cui è composta la parola scritta. Il passaggio dai racconti alle storie di maggior respiro è venuto dopo qualche anno, dopo aver pubblicato moltissime storie e ottenuto un bel po' di riconoscimenti nei concorsi. La prima "pietra" è stata una selezione organizzata dalla Delos, per la collana fantasy "Storie di draghi, maghi e guerrieri" alla quale inviai il mio primo elaborato che di lì a poco divenne un libro e finì in libreria. Da allora di libri ne ho pubblicati parecchi e, ci tengo a precisarlo, senza mai spendere un centesimo e senza mai ricorrere all'autopubblicazione.

Leggo, fra le righe, un giudizio negativo sull'autopubblicazione. È  vero che si leggono tante pessime opere autopubblicate, ma, in mezzo a quel marasma vi sono, a volte, romanzi belli di autori che sanno scrivere. Non credi che l'autopubblicazione possa avere anche delle potenzialità e degli aspetti positivi, se ben gestita?

Giusta osservazione, ti ringrazio per avermelo chiesto, mi rendo conto che le mie parole potrebbero "suonare" in negativo in assoluto. In effetti come suggerisci, nel "mare magnum" dell'offerta editoriale, compresa l'autopubblicazione, ci sono libri di qualità molto variabile e personalmente non ho nulla da eccepire nei confronti di coloro che scelgono di autopubblicarsi, per esempio dopo un'esperienza deludente per precedenti pubblicazioni con editori oppure per altre motivazioni. Anzi, aggiungo che spesso, a mio parere, per un autore può essere molto più soddisfacente l'intraprendenza personale invece di un percorso all'interno di una casa editrice, e questo può dipendere sia da quanto uno è bravo a farsi promozione sia magari da quanto e come l'editore lavora al fianco dell'autore. Il senso della mia risposta precedente è legato essenzialmente a come io mi relaziono a quel che viene dopo la scrittura, al momento in cui si decide, o meglio si tenta, di pubblicare quel che si è scritto. E a questo proposito io preferisco che ci sia qualcuno, l'editore, a "certificare" in qualche modo la qualità del mio lavoro, selezionato tra altri lavori, mentre avrei difficoltà a "suonarla e a cantarla" da solo perché al di là delle convinzioni personali, che si presuppone ogni autore nutra per se stesso, inviare un'opera in valutazione mi dà modo di mettermi in gioco, che poi è un altro aspetto della scrittura che mi dà grande impulso a scrivere; così come per i concorsi letterari o per la tecnica da adottare in un'opera, misurarmi e mettermi in gioco è un aspetto fondamentale per me. Poi ovviamente ci vuole anche la fortuna, che nel mio caso è fedele compagna.        

Rispetto agli esordi com'è cambiato il tuo approccio alla scrittura?

Fondamentalmente l'approccio non è cambiato molto, sono cambiati soprattutto gli obiettivi, o meglio il tipo di sfida che decido di affrontare quando scelgo di scrivere una storia piuttosto che un'altra. Parlo di sfida perché mi piace spaziare il più possibile, sia per il genere letterario, sia per la tecnica di stesura e quindi spesso mi ritrovo a sfidare me stesso su un terreno nuovo o comunque particolare. E proprio queste sfide mi danno l'entusiasmo necessario per andare fino in fondo.      

Nella tua scrittura hai affrontato tanti generi: passi, con rilassatezza, dal racconto di viaggio dal tono leggero e ironico di Una settimana a Londra, all'apocrifo di Conan Doyle di Sherlock Holmes e il tempio della Sibilla, dal fantasy apocalittico dei Figli della notte, all'action horror-zombie de Il Lupo, al thriller de La scomparsa dell'elfo  (*). Mi fermo qui, perché la lista sarebbe ancora lunga. Ce un genere a cui non hai osato dedicarti perché senti lontano dalle tue corde, ma che prima o poi affronterai?

Se me lo avessero chiesto dieci anni fa, avrei nominato il romanzo storico, ma soprattutto perché in primis come lettore, a quei tempi, non ero particolarmente attratto da quel genere. Invece negli anni successivi mi ci sono avvicinato molto, sempre come lettore, e pian piano ho accarezzato l'idea di provare a cimentarmi, un giorno, con un vero e proprio romanzo storico. La prova generale l'ho fatta di recente, con il libro Sherlock Holmes e il tempio della Sibilla, ambientato nella mia città, Tivoli. Per realizzare questa storia ho volutamente cercato di raccontare non solo l'ennesimo caso per il detective di Baker Street, altrimenti non avrebbe avuto molto senso farlo venire fino a casa mia. Ho voluto invece mostrare, nei limiti del possibile, la mia città, ricchissima di storia e monumenti unici al mondo, e la vita di quei tempi, alle soglie del '900. Perciò ho approfondito la mia conoscenza di fatti e luoghi consultando l'archivio storico comunale e la biblioteca, e ho intervistato un po' di studiosi. Ho fatto questa premessa perché in futuro sono molto intenzionato a scrivere una storia ambientata in un'epoca molto più lontana. Ma ogni cosa a suo tempo, appunto. Perciò, in realtà, non c'è un genere che sento lontano dalle mie corde, ma solo storie che in un dato momento mi interessano oppure no.   

Quali sono i libri che un aspirante scrittore dovrebbe per forza leggere, secondo te?
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Ce ne sono così tanti di libri a mio avviso importanti che è difficile fare una selezione di pochi titoli. Secondo me al di là di un libro specifico, l'aspetto sicuramente utile è spaziare il più possibile tra generi e autori. Ho notato che i giovani, in generale, che siano intenzionati a scrivere o meno, hanno la tendenza a leggere sempre lo stesso tipo di libri, o di autori. Credo che chi ha intenzione di scrivere, oltre a leggere molto, debba "assaggiare" una buona fetta delle diverse declinazioni della scrittura, e fare tesoro di ogni singola "forchettata". E ai ragazzi che mi fanno questa stessa domanda rispondo sempre allo stesso modo: "Ci sono altri mondi là fuori, e tutti meritano di essere visitati..."

Grazie della disponibilità e a presto.
(*) Le storie nei link sono tutte disponibili in ebook, al prezzo di un caffè o, al limite, di una colazione al bar, nel caso ve lo steste chiedendo

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